• FLOATING LAB •

La barca è un contesto che si presta perfettamente per diventare un laboratorio essendo isolata dagli approvvigionamenti energetici terrestri.

Shibumi ha allestito a bordo un laboratorio galleggiante dove convergergono progetti di divulgazione scientifica e ambientale. Facciamo valutazioni e bilanci energetici tra produzione e consumi dalle nostre fonti rinnovabili di bordo: pannelli FV, generatore eolico ed in futuro idrodinamico.

Durante la nostra navigazione vengono svolte misure e analisi sull’energia generata a bordo, partendo da fonti rinnovabili, come sole e vento. Parallelamente, analizziamo i consumi energetici di una famiglia di 5 persone e non di velisti estremi, tra cucina, igiene e svago, introducendo concetti come impronta energetica e sostenibilità.

Con un approccio scientifico, partendo dall’energia per il fabbiosgno energetico della barca e del suo equipaggi, si analizza come reperirla, quanta se ne consuma, come utilizzararla consapevoltemente senza rinunciare al comfort di bordo.

Attraverso interventi e ed esperienze da remoto, portiamo nelle scuole la nostra esprienza, sensibilizzando bambini, ragazzi e non solo ad una vita sostenibile e avvicinandoli al concetto di sostenibilità energetica.


PROGETTI IN CORSO



PROSSIMAMENTE…

Dal monitoraggio energetico sta nascendo con The Fablab un progetto per le scuole con lo scopo di valutare i consumi nelle singole case degli studenti e rapportarli a quelli della barca. Per i ragazzi più grandi verrà proposta la costruzione di un piccolo generatore eolico da affiancare a piccoli pannelli fotovoltaici per misurare l’energia prodotta in situazioni di quotidianità (es carica del cellulare, carica consolle…). L’idea è quella di utilizzare la metodologia del learning by doing, avendo l’obiettivo di promuovere modalità sostenibili di utilizzo dell’energia nell’ambito del cosiddetto smart living.


Progetti in cantiere…

OSSERVAZIONE AMBIENTALE

Il Marine Litter, sono i rifiuti solidi marini, possono galleggiare sulla superficie, essere dispersi nella colonna d’acqua o giacere sui fondali e inevitabilmente una parte di questi arriva sulle coste. Ogni materiale ha un diverso tempo di degradazione, nelle aree di convergenza delle correnti marine l’accumulo dei rifiuti determina la formazione delle cosiddette “Trash Islands”. La plastica costituisce circa l’80% dei rifiuti marini ma la distribuzione, la  permanenza, la degradazione e gli effetti sono molto variabili e dipendono da diversi fattori, nel tempo tendono ad affondare e successivamente a depositarsi sul fondo; quello che percepiamo in superficie è solo la punta dell’iceberg. La plastica non si distrugge mai completamente, ma si frammenta in parti più piccole generando microscopiche particelle, dette microplastiche. Queste possono funzionare come substrato per l’adesione di inquinanti organici dispersi in mare, ma possono essere ingerite dagli organismi marini, risalendo poi per tutta la catena alimentare, fino all’uomo. Monitoraggio a mare Le azioni di monitoraggio e di raccolta del marine litter saranno eseguite durante la navigazione mediante un piccolo retino da plancton collegato alla poppa della barca. Valuteremo la presenza dei rifiuti marini sia in termini quantitativi che qualitativi. Una volta issata la rete a bordo, saranno recuperare tutte le microplastiche e analizzate allo stereomicroscopio. Le plastiche raccolte saranno contate, divise per categorie in base alla forma ed al colore, ed inserite nella apposita scheda informatica.

Una nuova tecnologia per indivuduare le microplastiche potrebbe essere con microscopio olografico a contrasto di fase https://2019.makerfairerome.eu/it/microplastiche-dal-cnr-arriva-metodo-per-individuarle/


Il materiale planctonico raccolto sarà osservato al binoculare collegato ad un pc , verranno scattati degli screenshot per il riconoscimento a distanza. Il plancton effettua delle migrazioni circadiane e la sua composizione ed abbondanza variano a seconda dell’ora di campionamento.


Avvistamento cetacei Nel Mediterraneo insistono 11 specie di Cetacei, proveremo ad imparare a riconoscerle tutte, seguendo una prima scrematura con il criterio dimensionale, per poi procedere con le altre caratteristiche morfologiche specifiche. Lo studio dei profili di emersione sarà molto utile, perché spesso la livrea, soprattutto se gli animali sono distanti o controsole, non è apprezzabile. Poiché le condizioni oggettive a bordo non consentono di realizzare un monitoraggio basato su alcune semplici ma rigorose regole, sarà tuttavia importante per noi cercare di identificare la specie, scattaremo delle foto e segneremo i punti gps e l’orario.

Tartarughe In Mediterraneo esistono tre sole specie di tartarughe, la Caretta caretta, la Chelonia mydas e la Dermochelys coriacea; la prima è la più diffusa e presente in entrambi i bacini, mentre la seconda è perlopiù relegata al bacino orientale; simili per forma e dimensioni, in mare possono essere confuse; la Dermochelys, nota anche come tartaruga liuto è invece inconfondibile: è il più grande chelone vivente, (può superare i 2 m di lunghezza), è nera. L’avvistamento di tartarughe in mare è più difficile a causa delle ridotte dimensioni e perché la superficie emersa è scarsissima, ma in caso di mare piatto può accadere. Segnalaremo gli avvistamenti con le coordinate, indicando dove possibile specie e classe dimensionale. In caso di rinvenimento di animali feriti o intrappolati in pezzi di rete, cercheremo di intervenire seguendo le indicazioni che ci sono state suggerite.