Decidere di vivere in barca non è una scelta facile, organizzare per anni una partenza lo è ancora di meno, essere travolti da una pandemia quando si stanno per mollare gli ormeggi è devastante, ma tutto era pronto, non si poteva tornare indietro. La casa era già stata venduta, l’aspettativa dal lavoro era stata chiesta, i figli ritirati da scuola e la testa già nel blu, spegnere un sogno quando lo si stava toccando con dito avrebbe avuto ripercussioni molto più impegnative. Così a ottobre 2020, in ritardo di 3 mesi sulla tabella di marcia, abbiamo deciso di partire ugualmente, non per fuggire al Covid, ma per vivere una vita diversa, viaggiando e facendolo in modo sostenibile. Nessuno al mondo in quel momento aveva certezze per il futuro, noi non eravamo esclusi. Da subito sapevamo che avremmo potuto avere dei cambi di programma sulla nostra rotta, li avremmo affrontati di volta in volta, e così è stato. Inizialmente una navigazione invernale in Mediterraneo dura e complicata, poi il Covid che ci ha bloccati.

Doveva essere una sosta di un paio di giorni quella a Formentera, visitare l’isola, fare cambusa e ripartire velocemente per arrivare in Atlantico, ma quando la mattina dell’8 gennaio stavamo uscendo dal porto, la capitaneria ci ha fermati: la pandemia aveva chiuso l’sola!

Abbiamo vissuto i primi 10 giorni temporeggiando, continuando a fare scuola, un po’ più comodi piuttosto che sul ponte con giubbotti di salvataggio e berretto di lana, lavorando e vivendo quel posto pazzesco come se fossimo in vacanza. Passeggiate, pic nic in spiaggia… (tra l’altro sull’isola era iniziato un lock down pesante, quindi oltre ad essere deserta e tutto chiuso perché inverno, viveva pure di restrizioni).

A fine gennaio abbiamo capito che la situazione era più preoccupante del previsto, eravamo in super ritardo per tutti i nostri progetti, non si parlava di riapertura delle Baleari almeno fino a dopo Pasqua: eravamo molto molto preoccupati!

Io non mi ero giocata tutta la vita perfetta che avevo per stare bloccata a 1000 km da Milano, non ho venduto casa, lasciato amici, parenti, lavoro e scuola, per vedere i miei sogni sfumare sotto gli occhi. Eppure è successo, il covid in fondo ha stravolto i programmi di tutti e non vedo perché chi va per mare dovesse esserne escluso.

Hanno iniziato a piovere insulti e cattiverie, ci hanno dato dei falliti, degli scappati di casa, dei genitori egoisti che volevano solo farsi una vacanza a Formentera. Si dice che ai leoni da tastiera non si deve dar retta, ma le parole hanno sempre un peso e queste, anche se sapevo non rispecchiassero la nostra realtà, facevano male, soprattutto quando arrivavano da persone di cui avevi una certa considerazione, o in quelle mattine in cui ti sentivi più fragile, più vulnerabile. Sono stati giorni difficili, molto difficili. Io dopo la partenza psicologicamente ero già stata ribaltata come un calzino, perché questa esperienza di cambia, ti stravolge. Mi sentivo come quei mattoncini giocattolo che se li monti in un modo hai un dinosauro, ma se li rimonti in un’altra maniera hai una macchinina, ecco io ero nella fase smontaggio! Avevo bisogno di ricostruirmi in quella nuova dimensione, tra l’altro non sola, ma con tre bambini da gestire e istruire e un marito che come me ricercava le sue sicurezze.

Piano piano vedevamo svanire i nostri progetti, gli alisei non ci avrebbero aspettati si trattava di traslate di un anno i programmi e il tutto avrebbe avuto delle pesanti conseguenze, soprattutto sul piano organizzativo-economico. Non abbiamo mai considerato l’idea di tornare in Italia, avrebbe voluto dire ripartire da capo, tanto valeva ripartire da zero in quella nuova vita che ci stavamo disegnando.

Ormeggiati in un porto vuoto e silenzioso non sapevamo se sentirci prigionieri dell’isola o liberi di vivere una perla del Mediterraneo spoglia dal turismo di massa.

Abbiamo capito che era il momento si sfoderare il piano B che come sempre sarebbe stata un’opportunità e non un ripiego. La resilienza è la capacità di far fronte in modo positivo a una situazione di difficoltà, ecco, io sotto quel punto di vista sono la numero uno. Piangersi addosso, lamentarsi, sentirsi vittima e aspettare non sono la via migliore per uscire dai problemi. Era il momento di vivere la vita che avevamo di fronte anche se non era quella immaginata.

Era il momento di vivere la vita che avevamo di fronte anche se non era quella immaginata

La prima cosa da fare ho pensato fosse quella di iniziare ad entrare in punta di piedi nella vita dell’isola, e il miglior posto per farlo e socializzare era senza dubbio il “parque”, (parco giochi)Sono stati proprio i pomeriggi tra altalene e scivoli che ci hanno dato la possibilità di fare subito bellissime amicizie sia per i bambini che per noi adulti, il parco era l’unico posto dove il Covid ci permetteva di stare con altre famiglie sempre a dovute distanze e sotto gli occhi vigili della guardia civil.

Da subito abbiamo trovato una solidarietà meravigliosa, chi ci ha prestato l’auto, chi ci ha messo a disposizione la sua lavatrice, chi ci ha sempre lasciato la porta di casa aperta per qualsiasi evenienza. Vista la lunga permanenza che ancora ci aspettava, abbiamo deciso di iscrivere il piccolo Timo all’asilo. La lingua difficile però (solo catalano a scuola) e una maestra poco coinvolgente, gli hanno fatto passare la voglia di portare avanti questa esperienza, così lo abbiamo ritirato. Al contrario Nina, ha pestato i piedi per poter imparare una nuova lingua e conoscere altri bambini, così ad aprile l’abbiamo iscritta al colegio e ha portato a termine l’anno scolastico sull’isola.

Con Iago invece abbiamo proseguito con l’homeschooling, ma ha avuto la possibilità dalla dirigente della sua scuola di assistere ad alcune lezioni in Dad, avendo così occasione di tenere vivi i rapporti con docenti e compagni. Spesso il pomeriggio, i tre da soli andavano al parco, le mamme davano un occhio ai più piccoli e Iago andava per sentieri e campi in bici con i suoi nuovi amici (abbiamo recuperato delle biciclette in discarica). Questa modalità a volte dava respiro a noi genitori, che pur amando alla follia i nostri figli ogni tanto sentivamo il bisogno di staccare da loro. Avevamo così il tempo di rimettere in ordine le idee sul futuro, cercare nuovi lavori, seguire il mondo social e portare avanti i progetti scientifici e ambientali di cui ci occupiamo. Il nostro Floating lab, seguito principalmente da Stefano, ospita in primis un sistema fatto da lui di monitoraggio pazzesco di produzione e consumi energeticie e di acqua a bordo, poi convergono diversi progetti con l’INFN (Istituto Nazionale Fisica Nucleare), CNR e non solo, aveva preso finalmente una bella forma. Oltre che con le classi dei nostri figli siamo entrare nelle scuole italiane con interventi da remoto, per portare la nostra esperienza di vita sostenibile. Abbiamo creato una pagina nel nostro sito: “Shibumi per le scuole” dove proponiamo diversi temi scientifici e di sensibilizzazione ambientale, ovviamente gli incontri sono tenuti dai nostri figli, certi che a volte il confronto tra pari sia più efficace che tra adulti. Con INFN, l’ente per cui lavorava Stefano ed ora in aspettativa, abbiamo realizzato una serie di 10 episodi della “fisica tra le onde” dove attraverso brevi puntate: Iago Nina e Timo, parlano dell’energia a bordo, cos’è, come la produciamo, consumiamo e monitoriamo. Su Shibumi ospitiamo anche un apparecchio per rilevare raggi cosmici e con INFN è in programma la nuova serie da proporre su questo argomento che ha un fascino senza precedenti.Per non parlare del progetto “buiometro” per verificare l’inquinamento luminoso e del progetto Extreme sul nostro stato psicofisico, non certo in una situazione di vita estrema, ma abbastanza insolita. I bambini hanno anche intervistato diverse volte un biologo marino, li ha illuminati sul mondo del mare e le specie che lo abitano. La nostra esperienza ha riscosso interesse anche: all’Università Cattolica di Milano, nel laboratorio di progettualità e in corsi di coaching. La pianificazione di un progetto, il lavoro in team, la gestione degli imprevisti e molto altro, sono stati argomenti comuni tra chi su una barca ci vive e chi magari non ci ha mai messo piede. Floating lab era una sfida un anno fa e ora siamo orgogliosi della dimensione che ha preso. Al momento tutto ciò che facciamo per la scienza non ci viene retribuito, per questo siamo sempre alla ricerca di nuovi progetti per sostenerci e poter proseguire nel nostro viaggio.

Al momento tutto ciò che facciamo per FloatingLab non ci viene retribuito, per questo siamo sempre alla ricerca di nuovi progetti per sostenerci e poter proseguire nel nostro viaggio

Io, che nasco creativa e lavoro da sempre con immagini, colori grafica e tessuti, pensavo che non avrei mai trovato spazio a bordo per portare avanti la mia passione. Avevo un po’ appeso al muro la possibilità di avere nuovamente una gratificazione lavorativa, invece mi sono lanciata, ho pensato a cosa sono capace di fare e cosa mi viene bene e mi sono dedicata a quello. Non è così semplice, ma grazie al mondo digitale riesco a fare ricerca e moodboard di ispirazione, seguo l’immagine di account social e creo siti. Anche se il mio sogno segreto è scrivere, per riviste, blog, giornali di settore….e in futuro un libro ci starà!

Sono grata all’esperienza che sto vivendo per avermi dato la possibilità di valutare quali realmente siano le mie capacità. Sulla terra ferma siamo addobbati da tanti accessori che la società ci impone. A bordo si vive di minimalismo, non solo oggettivo e pratico. La tua vera natura non aspetta molto venire a galla, non ci sono più scuse o compiacimenti a nessuno. A bordo ti serve solo l’indispensabile, anche caratterialmente. Piano a piano ti svesti di tutti quegli espetti che non fanno realmente parte di te e così sei solo a fare i conti con te stesso, nel bene o nel male. Se in città te la racconti, o ti vesti per tutta la vita di un ruolo che non è il tuo, in mare non puoi più dire bugie. E’ una ruvida realtà ma una buona occasione per conoscerci meglio.

Detto tutto ciò non ci definirei proprio una famiglia in vacanza, ma una famiglia che non si è arresa di fronte ad una difficoltà enorme che gli si è piantata davanti, che ha continuato a trarre il meglio da quello che stava vivendo, anche se diverso dai piani iniziali, che si è reinventata e unita ancora di più. Viene sempre più facile additare qualcuno per quello che non ha fatto, piuttosto che apprezzare tutto ciò che è stato fatto in sordina, noi abbiamo fatto e continuiamo a fare tanto, soprattutto con la voglia di condividere la nostra nuova vita perchè le cose hanno un valore aggiunto se condivise.

Usciti dal porto abbiamo continuato a portare ogni mattina Nina con il tender alla fermata dell’autobus aspettando che finisse l’anno scolastico. C’è poi stata la preparazione agli esami per accedere alla classe successiva, poi gli amici che sono venuti a trovarci e poi tre settimane alle prese con un calcolo renale che non mi dava tregua. Finalmente, esattamente dopo 7 mesi, il nostro viaggio è ripreso e siamo più forti di prima!

Questo stop forzato ci ha dato conferma che comunque vada la vita, una soluzione la si trova sempre, non sarà forse la più semplice e lineare, ma c’è. Abbiamo vissuto su un’isola in inverno, un’esperienza che mai avremmo immaginato, abbiamo scoperto una Formentera che i turisti nemmeno si immaginano, ci siamo fatti un sacco di amici nuovi, abbiamo scoperto nostri nuovi talenti e rivisto quegli aspetti in cui pensavamo di essere invincibili, abbiamo vissuto nuove avventure in famiglia, ci siamo lanciati come insegnati e migliorati come genitori. Oggi siamo stanchi ma felici, i nostri figli sono sereni e hanno voglia di conoscere e viaggiare ancora a lungo, senza nascondere ogni tanto la nostalgia di casa, ma chi non l’avrebbe dopo un anno lontani dalla vecchia comfort zone?

In questi giorni siamo alle prese con una tappa tecnica in cantiere in Andalusìa per preparare la barca all’ingesso in oceano che sarà, salvo imprevisti, a fine settembre, direzione Canarie.

Come sempre proseguiremo a piccoli passi e senza fretta, il viaggio non ha una scadenza, viaggiare non è avere una meta, ma vivere nel mezzo. Ora, come ci aspettavamo dopo un cambio di programma di questo calibro, dobbiamo rifare i conti con il nostro portafoglio, dovremo trovare ulteriori lavori e modi per autosostenerci per poter proseguire e sono certa che ancora una volta potremo contare sul passaparola, su chi ci vuole bene e ci segue con affetto.

Si dice che in barca i programmi sono fatti per essere cambiati, cosa ci riserverà il futuro? Dove andremo? Cosa succerderà? Spesso l’essere umano ha bisogno di certezze, ma a volte è proprio l’incertezza che ti stimola a reagire alla vita. Vivendola, siamo noi che davanti ad ogni bivio scegliamo come disegnare il nostro destino, non esiste la fortuna o la sfortuna, esiste chi fa e chi aspetta che accada qualcosa. Io non so cosa accadrà ma sto facendo di tutto per me, mio marito e i miei figli per riempire la vita di ricordi, perché saranno quelli che ci terremo stretti alla fine dei nostri giorni. In fondo si vive una volta sola!

10 Replies to “…per chi si è unito adesso”

  1. Super ! siete SUPER !
    La vita è fatta di avventure, non di cose. Complimenti per la grinta e per il perseguire nel vostro Sogno!
    Clara

  2. Siete fantastici.

    Al posto vostro non me la prenderei molto era gli haters, sono persone frustrate e invidiose. Non avrebbero nemmeno il coraggio di cambiare il bar in cui si fermano la mattina a fare colazione…sarebbe come uscire dalla loro zona di comfort!

    Voi, al contrario, avete mollato tutto e state vivendo, con i vostri figli, un’esperienza fantastica.

    Come hai ben scritto, i ricordi di questo viaggio saranno più importanti, un giorno, di qualche euro in più nel conto in banca.

    Buona fortuna e buona traversata.

  3. Ciao Sara,
    bellissimo quello che hai scritto!
    Viaggiare non non è avere una meta ma vivere nel mezzo…frase che faró anche mia e a cui penserò spesso! Continuerò a seguirvi con curiosità e ammirazione! Buona vita e enjoy life!
    Bea

  4. Bravissima Sarà, siete realmente una famiglia speciale le tue “cronache” di bordo sono interessanti e coinvolgenti ,guai a te se dopo o durante questa vostra nuova vita non scriverai un libro ??. Auguro a te e al resto della ciurma…tantissimo buon vento e altrettanta buona salute, perché anche quella serve?

  5. Buon vento e buon tutto vivrò con l’ansia la vostra traversata oceanica. Vi stimo moltissimo. Un abbraccio. Tiziana

  6. Vi invidio moltissimo più che altro per la vs capacità di resistere e insistere. Non mollate. La vs è la scelta migliore e più coraggiosa che si possa fare. Bravi bravi bravi

  7. Ciao Sara, i tuoi racconti mi appassionano. Siete veramente una bella famiglia e vi auguro di vivere al meglio questa meravigliosa esperienza.
    Tenete duro e tienici informati! Un abbraccio virtuale a tutti!

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